![]() |
Annotazioni
Quando le parole, ancor più gli esempi, invece di chiarire ingarbugliano, e…non solo In questo anno giubilare il papa ha pensato di concedere alcune Udienze il sabato mattina, oltre quelle classiche del mercoledì. Approfondendo le poliedriche sfaccettature della Misericordia, il 14 maggio 2016 tratta l’argomento della pietà, con l’intenzione di darne una corretta accezione, almeno per i credenti. Come partenza afferma cosa non è: «Non identificare la pietà con quel pietismo, piuttosto diffuso, che è solo un’emozione superficiale e offende la dignità dell’altro». Ritengo giusta e necessaria puntualizzazione, ma a Francesco non pare sufficiente e subito aggiunge un affondo servendosi di un paragone: «Allo stesso modo, la pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli». Una comparazione, che sappiamo tutti è sempre rischiosa, eppure a voce rincara la dose: «Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno… Così non va». Poi prosegue sua catechesi sulla pietà con la parte positiva, riferendosi al dono dello Spirito Santo. Ovviamente non batto ciglio sul Magistero del papa, e gli estremismi da qualsiasi parte vengano non sono mai da approvare, tuttavia sul confronto con gli animali mi chiedo fino a che punto necessario e, soprattutto, sia azzeccato. Mi batto il petto sull’indifferenza che a volte si ha nei confronti del vicino e sull’indiscussa prioritaria attenzione da avere nei confronti degli uomini e donne, ma se mi viene detto: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? » (Francesco 29/7/2013), non può essere che anche una persona che “prova compassione per animali” possa cercare sinceramente il Signore ed amare che il suo prossimo? Ecco, allora, o non giudichiamo nessuno, oppure il criterio non può valere solo per qualcuno. Grazie a papa Francesco che ci permette queste riflessione. Con ossequio. COMMENTI: Giovanni Casadidio ha detto: "“Più il convoglio marcia rapido, più sicuri e docili occorrono i freni, i quali non sono fatti per non far camminare il convoglio, ma per evitare che deragli”. (Don Primo Mazzolari) Certo, “i freni” possono del tutto bloccare un convoglio, anche quando non è necessario: a chi non è capitato di rimanere sgomento quando un treno si ferma in aperta campagna con minuti di ritardo che s'accumulano e che ti fanno sfumare coincidenze e incontri? I freni sono indispensabili, se ben calibrati: essi impediscono la frenesia di una corsa che non solo non ti conduce prima alla meta, ma te la fa perdere per sempre. Quando scalpitiamo, nella vita quotidiana, perché ci sembra che il ritmo di marcia sia troppo lento, ricordiamo che quel freno azionato con sapienza ha il compito di rispettare il passo di tutti e di non farci deragliare dalla via maestra che ci conduce all'approdo finale. " Giovanna bisignano ha detto: "Condivido;ero rimasta un po' male a quel paragone. Grazie" INSERISCI UN COMMENTO: |